Nuovo commissario per la ricostruzione, i dubbi del vescovo Boccardo
Il presidente della Conferenza episcopale umbra si dice preoccupato per la sostituzione di Legnini
“Non vedo ragioni valide per questa interruzione che rischia di ritardare un processo che finalmente era decollato”: monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu, torna a parlare del cambio tra Giovanni Legnini e Guido Castelli quale commissario per la ricostruzione post terremoto, sottolineando che «un treno in corsa non va mai fermato». Lo fa in un’intervista al settimanale La Voce e a Umbria Radio InBlu che ne hanno diffuso il testo. Subito dopo l’annuncio dell’avvicendamento, monsignor Boccardo aveva definito “la non riconferma di Legnini uno schiaffo alle popolazioni terremotate. Sl cambiamento del commissario straordinario per la ricostruzione ho assunto una posizione critica perché farlo a sei anni dal sisma, quando finalmente le cose funzionano, mi sembra proprio un incidente” ha spiegato ora l’arcivescovo. Che è poi tornato sul lavoro di Legnini. “Tutto l’iter burocratico è stato snellito e velocizzato: opere pubbliche, case, luoghi di lavoro, piccole industrie lungo tutta la Valnerina. Tante operazioni si sono messe in movimento e sono giunte a conclusione. Questa è la preoccupazione: un treno in corsa non va mai fermato” ha detto. Monsignor Boccardo ha comunque ribadito di avere già sentito il nuovo commissario Castelli. “Dopo tutto il ‘can can’ che è venuto fuori – ha spiegato -, mi sono sentito in dovere di chiamare il nuovo commissario, fargli gli auguri di buon lavoro e dirgli che da parte mia non c’è nessun dubbio e nessuna critica sulla sua persona e sul suo operato. Anzi, gli ho assicurato la nostra collaborazione e il desiderio di continuare sulla linea che abbiamo sperimentato finora. Ho voluto chiarire proprio questo, distinguendo la persona e quello che faremo insieme, dalla modalità che in questo momento mi è sembrata un pò inopportuna”.
Dopo il commissariamento Ajello-Blandini e un anno di gestione targata Giampiero Bergami la Pop di Bari, dal 22 dicembre scorso, è nelle mani dell’amministratore delegato Cristiano Carrus (diplomato in perito del turismo già amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca, istituto in liquidazione coatta amministrativa). Con una perdita nel primo semestre di 101,1 milioni la stima di chiusura dell’anno si aggira sui 180 milioni. La banca ha bisogno subito di invertire la rotta: il rapporto “cost/income” nel primo semestre del 2021 era al 155% (più lavora più perde) e con il blocco degli incentivi all’esodo del personale tale rapporto scenderà a fine anno al 120-125%. C’è molta liquidità (che ha un costo), mentre gli impieghi non rendono quanto dovrebbero. E soprattutto è alquanto problematica la gestione dell’indice Npe (crediti deteriorati e sul totale di quelli erogati) e il “pericolo” di contenziosi con gli azionisti. Quindi il management ha studiato l’avvio di una sorta di bad division che dovrà monitorare il settore grazie anche all’assunzione di specialisti (ne sono stata annunciate 100 in tutto il gruppo Mcc). Saranno internalizzati i servizi di finanza agevolata e si punterà a ottimizzare il settore immobiliare attraverso vendite o fitti 8nel mirino ci sono i palazzi di piazza Massari e via Melo a Bari, ma anche unità a Potenza e Teramo). Un’altra mossa riguarda i servizi di liquidità di tesoreria che passeranno alla capogruppo. Non ci saranno licenziamenti e non saranno chiuse filiali.
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