Nuove adesioni al progetto “Lavora con Larth”, l’iniziativa comunitaria lanciata dall’organizzazione del cammino di trekking dell’Intrepido Larth per coinvolgere enti del terzo settore ed artigiani locali nella realizzazione dei gadget acquistati dagli escursionisti.
A pochi giorni dal lancio dell’iniziativa, a cui aveva subito aderito la cooperativa sociale Mir, anche un altro importante protagonista dell’artigianato locale entra nel circuito. Si tratta di Giorgio Campanari, titolare della caratteristica bottega “La mia Orvieto” di corso Cavour, specializzata nella produzione e nella personalizzazione di numerosi e singolari oggetti da collezione, opere d’arte e souvenir di qualità.
“Credo molto in questo progetto che è impostato su una concezione del turismo inteso come risorsa a favore della comunità – dice Campanari – e appoggio con entusiasmo un’iniziativa che è sicuramente economica, gestita in maniera imprenditoriale, ma che sta producendo valore a favore di chi vive e lavora qui. Credo che sia un modello molto apprezzabile per sostenere l’artigianato, fornendo una leva in più, oltre che per dare una mano a quelle realtà che occupano persone con minori possibilità nel mercato del lavoro”.
A distanza di pochissimi giorni dall’avvio di “Lavora con Larth”, stanno già partendo le prime forniture dei gadget da parte della cooperativa Mir, la cui sartoria occupa donne del centro antiviolenza “L’albero di Antonia”, persone con disabilità o a rischio marginalità e devianza e detenuti semiliberi. Si tratta di oggetti che saranno commercializzati sia nei negozi e nelle attività convenzionate con il cammino che on line. Nel frattempo sta per essere presentato ufficialmente anche il cammino del miracolo del Corpus Domini, la grande novità con cui il territorio della diocesi darà il proprio contributo per accogliere al meglio i pellegrini dell’Anno Santo.
“Il potenziamento dell’offerta nel campo del turismo lento-spiegano gli organizzatori-sta facendo crescere tutto l’indotto economico collegato a questa tipologia di mercato che vede sempre più l’area orvietana proiettata in un’importante dimensione nazionale. I numeri sono in grandissima ascesa, ma siamo solo all’inizio del nostro progetto che si sviluppa attraverso varie tappe. Il senso di questo lavoro è quello di trasformare lo sviluppo turistico in un bene condiviso a vantaggio di tutta la comunità, mettendo in primo piano i nostri artigiani e produttori così come le persone che, per motivi personali o in una fase della loro vita, possono essere sostenute”.
La lenta sparizione di Orvieto è una triste realtà fotografata impietosamente dalle statistiche. Quelle dell’Istat evidenziano una drammatica situazione di spegnimento demografico con Orvieto che è in caduta libera.
Il periodo preso in considerazione è quello degli ultimi cinque anni, con un successivo approfondimento sugli ultimi tre anni. Un disastro. Dal 2019 al 2024, Orvieto ha visto scomparire 1087 abitanti, ovvero il 5,3% della propria popolazione complessiva. Una media di 216 persone all’anno che lasciano la città e che rimane nella sostanza inalterata anche nell’ultimo triennio, quello che va dal 2021 al 2024, quando il saldo negativo è stato di 612 residenti.
Il declassamento di Orvieto è legato al fatto di essere ormai stabilmente al di sotto dei ventimila abitanti con una spirale progressiva che continua a manifestarsi con l’emorragia di popolazione e conseguente calo della ricchezza. L’unico parametro che ha un segno fortemente elevato è il valore del mercato immobiliare, ma in un contesto come questo si tratta in realtà di un fattore che aggrava la crisi perché è associato alla mancanza di case che determina uno spostamento di residenti verso i comuni limitrofi. Quelli più vicini dove le case costano di meno sono infatti quelli che, dal 2019 ad oggi hanno beneficiato del tracollo demografico orvietano, primo fra tutti il comune di Allerona che ha perso solo 73 abitanti o, ancora meglio Ficulle che ne ha persi solo 46. Si assiste insomma ad un “travaso” da Orvieto agli altri territori e a fare la differenza è, in larga misura, il differente mercato immobiliare. Tutto il comprensorio presenta infatti un costo medio delle abitazioni che è in linea con quello della provincia.
Il comprensorio di dodici comuni che aveva 40.806 abitanti nel 2019, ne ha 38622 a fine 2024. Una tendenza, quella alla fuga verso i comuni limitrofi che assume un carattere sempre più consolidato nel periodo preso in esame dall’Istat.
Il piano inclinato lungo il quale Orvieto continua inesorabilmente a scivolare senza che nessuno sia in grado di mettere in atto la minima misura correttiva, si riflette anche nella classifica delle città più popolose della regione. Una classifica inevitabilmente mortificante per Orvieto che ormai è la decima città umbra, superata abbondantemente anche da Bastia. Pochi anni fa era stata superata da Corciano (21619 abitanti) mentre Assisi che è al settimo posto con i suoi 27500 abitanti appare ormai irraggiungibile.
Dare una boccata d’ossigeno al turismo orvietano replicando il modello Viterbo. L’associazione Nova ha avanzato la proposta di “regalare” la terza notte di permanenza a chi decide di fermarsi in città come si sta facendo nel capoluogo della Tuscia.
La proposta è stata avanzata nel corso dell’incontro che la sindaca di Orvieto aveva sollecitato a Nova per parlare di possibili convergenze. E’ questa una delle proposte che l’associazione Nova ha sottoposto all’amministrazione comunale nel corso di un incontro espressamente richiesto dal sindaco Tardani.
L’idea è quella di reperire i fondi necessari, sia pubblici che magari avviando una collaborazione con le associazioni di categoria, per fare in modo che la terza notte di permanenza ad Orvieto venga “regalata” ai turisti direttamente dalla città. Un sistema che si spera possa essere utile ad imprimere un cambiamento ad una staticità del sistema turistico orvietano che è inchiodato da decenni ad un indice di permanenza medio di 1,6 giorni senza che finora si sia mai riusciti a mettere in campo una proposta in grado di far rimanere i turisti qualche giorno un più.
Il fatto che la Giunta Tardani abbia chiesto un confronto programmatico a Nova evidenzia anche la necessità di imprimere nuova linfa vitale e nuove idee ad un’azione amministrativa che rischia di essere fortemente penalizzata anche dal venire meno dell’assonanza politica con la Regione il cui ruolo nel sostegno alla promozione turistica non era stato secondario.
“Riteniamo di poter contribuire con le proprie risorse al raggiungimento di obiettivi condivisi e chiari, superando eventuali resistenze ideologiche, senza tuttavia rinunciare alla propria riflessione e azione critica in città – dice il presidente di Nova Giordano Conticelli -. Nova continua a offrire una prospettiva libera e indipendente sui vari temi del dibattito pubblico, adottando sempre lo stile, il linguaggio e l’approccio documentato che ha scelto di incarnare. La prima proposta rivolta all’Amministrazione riguarda l’avvio del processo di bilancio partecipato, uno strumento fondamentale per coinvolgere gradualmente la comunità nella gestione del bene comune e favorire una partecipazione concreta della cittadinanza alla vita politica della città, principio cardine di Nova. Proponiamo di avviare una sperimentazione su specifici capitoli di spesa, analizzando le esperienze di bilancio partecipato già applicate in altre realtà, al fine di definire un modello specifico per Orvieto. Altro punto su cui Nova è pronta a collaborare riguarda la realizzazione di un Its Academy, uno tra i possibili strumenti di contrasto all’emorragia demografica oltre che tema centrale della campagna elettorale. Nova sostiene il progetto della Casa della Cultura, rispondendo all’esigenza manifestata da numerose associazioni culturali locali, già attivamente in rete, di disporre di uno spazio comune”.
Cala leggermente il prezzo degli immobili nel comune di Orvieto, che continua tuttavia ad avere i prezzi in assoluto più alti dell’intera provincia, con un valore di oltre 600 euro superiore alla media di tutto il ternano.
Secondo le rilevazioni mensili fatte dal portale dell’azienda del settore immobiliare.it, a novembre 2024 per gli immobili residenziali in vendita sono stati richiesti in media 1628 al metro quadro, con una diminuzione del 5,46% rispetto a dicembre 2023 quando era stato pari a 1722 euro.
Negli ultimi 2 anni, il prezzo medio all’interno del comune di Orvieto ha raggiunto il suo massimo nel mese di dicembre 2023, con un valore di 1722 al metro quadro. Il mese in cui è stato richiesto il prezzo più basso è stato agosto 2024: per un immobile in vendita sono stati richiesti in media 1572 al metro quadro. La riduzione è dunque mediamente di circa cento euro al metro rispetto allo scorso anno, ma la media provinciale è ferma a 1033.
Le locazioni
Il discorso si inverte per quanto riguarda invece il mercato delle locazioni. Nel mese di novembre il prezzo richiesto per gli immobili in affitto a Orvieto è stato infatti di 5,35 euro mensili al metro quadro, rispetto ai 5,80 della media provinciale.
Un tema politico
La questione relativa al mercato immobiliare sta diventando ormai un tema politico anche grazie alle iniziative dell’associazione “Abitare Orvieto” che ha posto il problema dei prezzi eccessivi e l’assenza di iniziativa indirizzate a favorire la residenzialità. La crisi demografica della città e la fortissima tendenza allo spopolamento e all’abbandono da parte della popolazione giovanile è infatti aggravata da un mercato immobiliare che non consente ai giovani di comprare casa nel comune, spingendo quelli che non se ne vanno per motivi di lavoro a spostarsi nei paesi vicini, a cominciare da Porano, Castelviscardo, Fabro, Ficulle, Allerona.
E’ ormai evidente che il mercato immobiliare con queste caratteristiche rappresenta un pesante elemento di freno per lo sviluppo della città, una vera e propria zavorra. Resta da attendere che ne prendano consapevolezza anche gli esponenti politici ed inizino a ragionare sul da farsi.
Da sabato 28 dicembre si rinnova a Orvieto la magia di Umbria Jazz Winter, in programma fino al primo gennaio.
Giorni in cui Orvieto torna ad essere il cuore dell’offerta culturale e turistica invernale dell’Umbria. Umbria Jazz Winter si ripropone, con il suo mix di buona musica, accoglienza, qualità della vita, per una bella vacanza tra jazz, storia, cucina, musei, artigianato nell’acropoli di una delle più suggestive città della regione.
Le prime note di Umbria Jazz Winter le suoneranno, come da tradizione, le giovani promesse del jazz: Lo Scannapieco – Geremia 5et, vincitori del Conad Contest di quest’anno e il Berklee/Umbria Jazz Clinics Award Group, la band dei migliori allievi delle clinics estive a cura della scuola di Boston.
Si prosegue poi con la tradizionale street parade dei Funk Off e i concerti al Palazzo del Popolo e al Palazzo dei Sette.
Al teatro Mancinelli appuntamento serale con la nuova produzione della Umbria Jazz Orchestra con Ethan Iverson che ha arrangiato per l’occasione un repertorio di grandi musiche per il cinema, in esclusiva per Umbria Jazz, e il trio di Emmet Cohen.
Inizieranno la mattina di sabato anche le iniziative dedicate ai più piccoli che la Fondazione di Partecipazione Umbria Jazz porta avanti da alcuni anni, in collaborazione con il mondo della scuola e le istituzioni, per rendere più familiare la musica, favorire lo sviluppo di una sensibilità verso il suono, abituare all’ascolto, stimolare la creatività. La musica anche come formidabile strumento di socialità, condivisione e inclusione.
Gli eventi sono in programma fino al 31 dicembre al Teatro del Carmine, tranne una fiaba musicale itinerante (La tromba di Louis) per le vie del centro.
E’ finita la fase del post Covid e crollano del 10 per cento gli ingressi dei visitatori al Pozzo di San Patrizio. Il monumento simbolo della città e cartina di tornasole di un andamento turistico che negli anni del post Covid aveva vissuto sempre una fase positiva, adesso accusa il colpo con una flessione non lieve e piuttosto preoccupante, calcolata sui primi dieci mesi dell’anno e confrontata con lo stesso periodo del 2023. Complessivamente si tratta di una riduzione di circa 22 mila presenze, un dato estremamente pesante che potrebbe denotare un pericolosi scricchiolio in quel modello di economia turistica sul quale l’attuale amministrazione comunale ha sempre puntato tutte le sue carte, valorizzando proprio gli accessi al pozzo come elemento dimostrativo di una crescita sostenuta.
La flessione del 2024 adesso induce a riflessioni e analisi sui motivi di un calo che sembra andare in controtendenza rispetto ad altre città umbre a vocazione turistica anche se le statistiche da tenere presenti dovranno essere quelle di fine anno.
Nel frattempo però la Giunta comunale ha comunque deciso di aumentare il prezzo del biglietto del pozzo dagli attuali 5 euro a 6; una scelta che si calcola porterà nelle casse pubbliche un surplus di 200 mila euro, in grado di compensare bene il calo di incasso dovuto alla riduzione di ingressi.
Sulla questione intervengono i gruppi di opposizione, segnalando il silenzio dell’amministrazione su questo punto critico. “Quando negli anni scorsi i visitatori aumentavano l’ufficio stampa del Comune ci raccontava delle capacità dell’Amministrazione ad attrarre turisti: pubblicità sugli autobus, Orvieto always on, Innamorati di Orvieto, luminarie, albero di Natale o stella cometa a seconda degli anni, mercatini, palazzi illuminati, insomma un avvicendamento fantasmagorico di luci, colori e immagini in un villaggio delle mille e una notte. Il messaggio era: la strada è quella giusta, noi siamo bravi e per questo arrivano i turisti. Non raccontavano però che l’overturism, il sovraffollamento turistico, era diventato un fenomeno socioeconomico sempre più diffuso, indipendente dalle politiche locali e legato essenzialmente agli effetti post-Covid, peraltro con risultati altrove ben più eccellenti dei nostri. Ora che l’effetto inerziale del post-Covid si sta smorzando l’ufficio stampa del Comune di Orvieto tace. Torneremo su questo argomento non appena avremo i dati definitivi 2024” annunciano.
Un prestigioso immobile nell’ex complesso della chiesa di san Francesco a due passi dal Duomo di Orvieto. Una cooperativa, la Cramst, che ha intrecciato la propria storia con quella della sinistra orvietana. Un contratto di locazione tra la cooperativa ed il Comune che è stato in vigore per anni, ma con la coop che aveva smesso di pagare l’affitto dalla metà del 2013, praticamente quasi da subito, facendo arrivare il conto degli arretrati a 178 mila euro nell’arco dei cinque anni successivi.
Nel 2018, infatti, l’allora giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Giuseppe Germani aveva alla fine deciso di procedere allo sfratto, ma la vicenda si è, parzialmente, conclusa solo adesso con una condanna da parte della Conte dei conti che ha inguaiato tre dirigenti del Comune.
La Corte dei Conti ha infatti condannato per danno erariale a carico del Comune di Orvieto il dirigente del Settore tecnico e manutenzione ed ex vicesindaco della prima Giunta Tardani, Mario Mazzi, quello del Settore finanza e bilancio Dino Bronzo e il segretario comunale Maria Perali. Disposto un risarcimento del danno in favore del Comune di 283.399 euro.
La magistratura contabile aveva contestato una mancata acquisizione di entrate pari a 302.193 euro. Secondo la Procura regionale, il danno era stato causato dalla “cattiva gestione di un contratto di locazione attiva stipulato il 19 aprile 2013 dal Comune di Orvieto con la società Cramst. Quest’ultima aveva pagato l’affitto al Comune praticamente solo nei primi sei mesi del contratto di locazione. Poi aveva smesso di dare soldi al Comune, ma non certo di far funzionar e il ristorante, che ha lavorato per anni e anni, diventando un punto di riferimento nella ristorazione della città, mantenendo sempre il proprio allure di locale di riferimento della sinistra locale anche perché tra i soci della Cramst ci sono sempre stati anche vari dirigenti del partito che era una volta era il Pci, poi divenne il Pds, poi i Ds ed ora il Pd.
Nel caso di Mazzi, il suo coinvolgimento nella vicenda Cramst si riferisce al periodo in cui era dirigente comunale e non a quello in cui, nella precedente amministrazione comunale di centrodestra, aveva svolto l’incarico di vice sindaco dopo le dimissioni del predecessore Angelo Ranchino che era in quota Lega. Il mancato pagamento dei canoni di locazione è da ricollegarsi ad una controversia che era insorta tra la società ed il Comune relativamente ad alcuni interventi nel complesso immobiliare che sarebbero stati eseguiti dalla cooperativa che, nel periodo successivo al termine della locazione, è stata sciolta. Nella decisione della magistratura contabile si fa riferimento, tra l’altro, a “mancate entrate da omessa offerta con procedura di gara” e “sottovalutazione del canone di locazione fissato nel contratto firmato, rispetto al valore minimo degli affitti praticati per immobili commerciali similari nella stessa zona e nello stesso periodo”. Cosa che avrebbe comportato “minori crediti esposti nei bilanci del Comune negli anni dal 2013 al 2021 per un totale di 487.720 euro, compresi quelli dal 2018 al 2021 pari a 218.790 euro”.
In più la Procura aveva calcolato anche l’importo del mancato recupero dei crediti non riscossi per canoni di locazione dovuti dalla cooperativa in questione e che non sarebbero stati pagati per tutto il periodo dal 2013 al 2021, per complessivi 348.656 euro. Tutto questo fino a quando la cooperativa, tre anni fa, era stata posta in liquidazione coatta amministrativa.
La Corte dei Conti ha accertato la responsabilità amministrativa dei convenuti e ha disposto la loro condanna al risarcimento del danno in favore del Comune di Orvieto che, nel caso dell’ex vicesindaco Mario Angelo Mazzi, è stata indicata nella misura di 205.116 euro. Dino Bronzo dovrà invece versare un risarcimento di 14.431 euro mentre per Maria Perali si tratta di una somma pari a 63.852 euro. Gli importi dovranno essere poi incrementati in base alla rivalutazione monetaria. Le spese di giudizio saranno poste a carico in parti uguali tra i convenuti.
La sentenza è stata pronunciata dal collegio composto dal presidente Piero Carlo Floreani, dalla consigliera Rosalba Di Giulio e dal consigliere relatore Giuseppe Vicanolo. Ora per i convenuti, condannati al maxi risarcimento, si attende il ricorso in appello contro la sentenza.
A Orvieto meno soldi pro capite dal Pnrr che nel resto d’Italia e nessun investimento per creare lavoro sviluppo. E’ quanto emerge dallo studio fatto dal ricercatore Andrea Caporali per l’associazione Prometeo, che ha valutato l’impatto di questi interventi destinati in larga misura all’ambito socio-sanitario a differenza di quanto accaduto nella maggior parte dell’Italia, dove i soldi del Pnrr sono soprattutto andati a sostenere interventi di sviluppo economico.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza porterà a Orvieto 54 milioni e mezzo di euro. Di questi, solo 8,6 milioni derivano da progetti messi in campo dal Comune, mentre a fare la parte del leone è stata la Regione, a cui si deve ricondurre quasi il 21% di tutti i finanziamenti gestiti, compresi quelli per l’ospedale e per l’ex ospedale di piazza Duomo, a cui sono destinati 7 milioni e 700mila euro per la realizzazione della casa e dell’ospedale di comunità.
La parte maggiore dei finanziamenti transitati dal Comune riguarda la costruzione del centro per le politiche sociali di Orvieto scalo, a cui sono destinati 5 milioni. L’altro intervento riguarda la costruzione del nuovo asilo di Sferracavallo, dopo che la vecchia struttura è stata demolita perché non sicura.
Rispetto ai valori nazionali, Orvieto ha ricevuto meno soldi della media nazionale. La quota di Pnrr per l’Italia è di circa 220 miliardi di euro, pari a 3764 euro per ogni italiano; per Orvieto, che ha 19.300 abitanti, il livello totale di finanziamento, per essere in linea con questa media nazionale, dovrebbe essere di 72,6 milioni di euro.
“Si tratta più che altro di importanti rifacimenti di servizi ed attività che già esistono” è l’analisi di Caporali rispetto agli interventi complessivi del Pnrr a Orvieto. “Pochi progetti – ricorda – relativi a digitalizzazione, innovazione, competitività. Scarsi – evidenzia Caporali – anche quelli relativi a cultura e turismo. Il principale problema della nostra città è che non progetta il suo futuro, e per questo non riesce cogliere le occasioni ed i fondi quando si rendono disponibili”.
Secondo questa analisi, le ombre sono dunque molto più evidenti e sostanziose delle luci. I 55 milioni e mezzo di euro non produrrebbero sviluppo e nuova occupazione. “Si tratta in larga parte – dice Caporali – di una occasione persa. Anche il Pnrr non si occupa di garantire l’occupazione: nelle strutture sanitarie di piazza Duomo lavorerà un numero molto ridotto di medici ed infermieri rispetto a quelli che sono in servizio attualmente”.
Il complesso San Giovanni, a Orvieto, ospita il Palazzo del Vino e dei prodotti della terra, progetto con un investimento di circa 670mila euro finanziato dal Gal Trasimeno Orvietano con i fondi del Psr. Gli adeguamenti degli ambienti alle nuove funzioni sono stati realizzati attraverso interventi edilizi di restauro e risanamento conservativo, il rifacimento e l’adeguamento degli impianti elettrici, illuminotecnici, idrico-sanitari e di climatizzazione, la realizzazione di servizi accessibili alle persone con disabilità oltre all’allestimento con nuovi arredi e apparecchiature multimediali.
Gli obiettivi
Sei gli obiettivi che si punta a centrare con il Palazzo del Vino e dei prodotti della terra: realizzare un punto di accesso conoscitivo interdisciplinare alle risorse agroalimentari ed enogastronomiche del territorio ad uso dei turisti, dei residenti e degli operatori; aumentare la visibilità e la competitività dei prodotti agroalimentari del territorio attraverso l’incremento dei contenuti culturali e di servizio e l’allestimento di un emporio dedicato ai prodotti della terra e dell’artigianato; mostrare, tramite nuove tecnologie, i forti legami tra archeologia, storia, arte/ artigianato e produzioni così da proporre nuovi itinerari di scoperta, conoscenza del territorio; realizzare un centro di documentazione territoriale per raccogliere e comunicare le memorie della cultura materiale gastronomica e agricola del territorio; realizzare servizi qualificati per l’enoturismo e diffondere pratiche, culture e saperi sui temi delle filiere agroalimentari, della biodiversità, del recupero di antiche coltivazioni e del paniere dell’Orvietano.
Gli spazi
Il piano terra del Palazzo del Vino e dei prodotti della terra si articola su sei spazi. Il chiostro, ideale per manifestazioni temporanee ed eventi, la galleria coperta che ospita ladocumentazione fotografica del territorio e uno spazio polifunzionale da utilizzare per mostre temporanee ed eventi collegato con il cortile esterno, una sala conferenze attrezzata, una bibliomultimediateca con monitor con tecnologia touch screen, un‘aula didattica e l‘emporio, vetrina per la vendita dei prodotti enogastronomici e dell’artigianato locali.
Qui si trova anche la scala che è stata recuperata e adeguata per fungere da collegamento con il piano interrato anch’esso composto da sei spazi tra corridoi e sale espositive tematiche ricche di contenuti multimediali interattivi ed immersivi e dedicate ai prodotti e alle produzioni agroalimentari ed enogastronomiche ma anche all’arte a all’artigianato.
Il seme: origine, crescita, fertilità
Un seme stilizzato è il simbolo scelto per il Palazzo del Vino e dei prodotti della terra, che racchiude in sé il significato universale dell’origine, della crescita e della fertilità. Questo simbolo è stato scelto con la precisa volontà di raccontare una storia che abbraccia tutti gli aspetti fondamentali della cultura e delle tradizioni di Orvieto. Il museo sarà infatti un omaggio alla ricchezza del territorio, toccando temi come il vino, l’olio, i prodotti della terra, la ceramica e le tradizioni secolari. Il seme è risultato la scelta ideale nella ricerca di un elemento che fosse comune a tutte queste dimensioni e che potesse sintetizzare visivamente la profondità e la complessità di queste storie. Una metafora potente e universale, capace di evocare l’origine della vita, il legame con la terra, la fertilità e la promessa del futuro. Anche i colori non sono stati lasciati al caso: ogni tonalità è stata accuratamente selezionata per rappresentare un aspetto distintivo del museo.
“Un polo di riferimento per il mondo agroalimentare ed enogastronomico”
“Arriva a compimento – ha detto il sindaco di Orvieto, Roberta Tardani – un importante intervento di riqualificazione che restituisce alla città uno dei suoi immobili più affascinanti e suggestivi. I lavori si sono conclusi ad aprile al termine di un lungo e non semplice percorso. Quando ci siamo insediati cinque anni fa avevamo infatti ereditato un progetto a cui bisognava dare forma ma che aveva innanzitutto bisogno di risolvere delle questioni formali con la Provincia di Terni sulla convenzione di utilizzo della struttura che abbiamo superato grazie alla collaborazione e agli ottimi rapporti tra i due Enti. La mission del nuovo Palazzo del Vino e dei prodotti della terra è racchiusa nell’obiettivo che più in generale ci siamo dati come amministrazione: puntare sulle vocazioni di questo territorio e valorizzare le sue eccellenze per farne fattori di crescita e di sviluppo della città. Vogliamo che questa struttura – ha aggiunto – diventi un vero e proprio polo di riferimento del mondo agroalimentare ed enogastronomico del territorio capace di mettere insieme tutti i soggetti del settore, pubblici e privati. Un luogo dedicato alla conoscenza e al sapere, alla formazione e alla promocommercializzazione ma anche uno spazio ideale per manifestazioni ed eventi, convegni ed esposizioni. Al momento il Palazzo è gestito direttamente dal Comune in attesa dell’avviso per la manifestazione di interesse per la gestione, che uscirà a gennaio, e che dovrà declinare contenuti e obiettivi del progetto. L’auspicio è che il Palazzo del Vino possa lavorare anche in stretta sinergia con il Distretto del Cibo il cui progetto illustrato oggi è fortemente connesso con le finalità di questa struttura”.
“Ho conosciuto questo complesso – ha detto Laura Pernazza, presidente della Provincia di Terni, Ente proprietario dell’immobile – quando sono stata eletta presidente. Allora era inutilizzato ma se ne percepivano le potenzialità. Tornare oggi e vedere un luogo così rinnovato e moderno è motivo di grande soddisfazione. Sono convinta che, in virtù degli accordi stretti con il Comune di Orvieto, sarà una importante vetrina non solo per le produzioni e le eccellenze enogastronomiche di questo territorio ma anche di tutta la provincia di Terni. Ma potrà essere anche un luogo per la formazione. Penso alla possibilità di cui parliamo da tempo con il sindaco Tardani di portare qui un corso Its, magari proprio legato al settore agroalimentare, un obiettivo per il quale continuerò a mettermi a disposizione anche nel nuovo ruolo di consigliere regionale. Ringrazio infine il Gal Trasimeno Orvietano per aver finanziato questo intervento e quello relativo a un altro importante immobile della Provincia, Villa Paolina a Porano, ma anche di aver lavorato per la costituzione dei Distretti del Cibo su cui il Ministero dell’Agricoltura ha puntato mettendo a disposizione una rilevante dotazione finanziaria a testimonianza dell’attenzione del Governo su un settore strategico per l’Umbria e l’Italia”.
Distretto del Cibo, un progetto da 14 milioni di euro
La struttura è stata aperta alla visita nel corso dell’iniziativa organizzata dal Comune di Orvieto – “Dalla vocazione alla valorizzazione, il ruolo delle eccellenze agroalimentari nello sviluppo del territorio” – durante la quale è stato illustrato anche il progetto del Distretto del Cibo “Umbria District” promosso dal Gal Trasimeno Orvietano.
“Come presidente del Gal ma anche come consigliere comunale – ha detto Gionni Moscetti – è una grande soddisfazione presentare oggi alla città il Palazzo del Vino e dei prodotti della terra, un nuovo tassello fondamentale nel mosaico della valorizzazione delle nostre eccellenze enogastronomiche. Il Gal, fin dalla sua costituzione, ha posto al centro della propria azione la valorizzazione delle risorse locali e la promozione dello sviluppo sostenibile del territorio. Con questo progetto diamo vita a un luogo che sarà un punto di riferimento e di incontro per gli operatori del settore e non solo. Sarà uno spazio dinamico e versatile, destinato a ospitare degustazioni, eventi, mostre, laboratori e iniziative di promozione ma sarà anche un luogo aperto al pubblico dove tutti potranno scoprire le nostre ricchezze enogastronomiche e vivere esperienze uniche. E sono certo che potrà rappresentare un volano per lo sviluppo economico e turistico del nostro territorio“.
La direttrice del Gal Trasimeno Orvietano, Francesca Caproni, ha poi illustrato i dettagli del progetto del Distretto del Cibo “Umbria District”, frutto della collaborazione tra il Distretto del Cibo Sud Ovest Orvietano e quello Trasimeno-Corcianese entrambi nati e riconosciuti nel giugno 2022. “Da allora – ha spiegato – abbiamo dovuto attendere due anni per il bando che è stato pubblicato nel settembre scorso dal Ministero dell’Agricoltura con una dotazione finanziaria di 100 milioni di euro probabilmente destinata a salire. In Umbria, il nostro è uno dei 4 progetti presentati su 9 Distretti mentre sono 80 quelli depositati in tutta Italia. Il progetto, per un importo di 14 milioni di euro, coinvolge 19 imprese dell’Orvietano e del Trasimeno e prevede importanti interventi, qualificanti anche dal punto di vista dell’innovazione. Entro il 31 dicembre sapremo se sarà finanziato e ci auguriamo di poter tornare proprio qui per raccontare quello che intendiamo fare“.
E’ già scontro politico, prima ancora che si insedi il nuovo Consiglio regionale, dopo la delibera con cui il Direttivo dell’Auri a maggioranza (con il voto favorevole dei Comuni di Spoleto, Città di Castello, Magione, Marsciano e Perugia e quello contrario dei Comuni di Orvieto, Stroncone e Terni) ha sospeso il procedimento relativo all’individuazione di un concessionario per la progettazione, realizzazione e gestione “dell’impianto di trattamento e recupero energetico”, (leggasi inceneritore o termovalorizzatore, a seconda dei punti di vista) previsto dal Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti della Regione Umbria, mediante proposte a iniziativa privata. La procedura era stata avviata dall’Auri lo scorso 31 gennaio, ma con il cambio di maggioranza in seno al Direttivo, a seguito delle elezioni di giugno che hanno premiato il centrosinistra, era già stato annunciato un passo indietro. Rafforzato dalla vittoria di Stefania Proietti alle regionali.
La sospensione, viene spiegato in una nota dell’Auri, è stata deliberata “a seguito delle valutazioni contenute in una relazione del RUP che ha delineato profili di criticità riguardanti l’esigenza di operare in un contesto tecnico-giuridico chiaro e adatto ad una corretta sollecitazione del mercato, così come disciplinata nel Piano Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti”.
Aggiungendo che “la sospensione non pregiudica la riattivazione del procedimento in una fase successiva, riattivazione che potrà essere deliberata una volta definiti gli aspetti critici che attualmente caratterizzano il procedimento”.
Dopo il “blitz” denunciato dalla sindaca di Orvieto Tardani – che ha parlato di “una scelta politica dietro una motivazione tecnica, attendendo dal governo regionale “risposte immediate ed efficaci per evitare l’ampliamento della discarica”, la consigliera regionale rieletta del centrodestra, Eleonora Pace, ha stigmatizzato la scelta fatta in tutta fretta prima ancora che la nuova Giunta regionale sia in carica. “Ciò significa – commenta Pace – che in assenza di soluzioni alternative concrete sulla chiusura del ciclo dei rifiuti, l’unica soluzione sarà l’ampliamento delle discariche in Umbria. L’opposto, in sostanza, del Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti adottato dalla Giunta Tesei e sostenuto da Fratelli d’Italia, che prevede la chiusura del ciclo attraverso un impianto di trattamento e recupero energetico, superando proprio il ricorso all’utilizzo delle discariche e rendendole residuali, come previsto anche dalle normative europee”.
Dal centrosinistra le repliche arrivano al momento dal Movimento 5 stelle – particolarmente sensibile al tema rifiuti e candidato, con De Luca, ad acquisire la delega all’ambiente nella nuova Giunta Proietti – che rivendica la correttezza della delibera dell’Auri e soprattutto del cambio di strategia rispetto alla chiusura del ciclo dei rifiuti.
Anche il segretario umbro del Pd, riconfermato consigliere, Tommaso Bori, ha plaudito all’iniziativa subito assunta, in linea con il programma del centrosinistra.
“Come Avs, insieme alla coalizione guidata dalla nostra presidente, Stefania Proietti – ha ricordato il neo consigliere di Avs Fabrizio Ricci – abbiamo chiarito sin dal principio che la strada da seguire è quella dell’estensione del porta a porta su tutto il territorio regionale, della riduzione della produzione dei rifiuti e dell’investimento nella filiera del riutilizzo e del riciclaggio. In questo modo l’Umbria può ridurre la produzione di rifiuto urbano residuo a 40.000 tonnellate annue, contro le 170.000 tonnellate previste dal bando dell’inceneritore. Uno scenario nel quale non solo non avremo bisogno di nuove discariche né di bruciare rifiuti, al contrario di quanto afferma la destra, ma potremo favorire lo sviluppo di filiere innovative e generare lavoro di qualità”.
(ultimo aggiornamento ore 17.36)
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