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Treofan, pressing sulla Regione

Si chiede di scongiurare una mera operazione finanziaria

I consiglieri regionali del Pd, Paparelli e Meloni, chiedono alla Tesei di giocare un ruolo per evitare delocalizzazioni

“Evitare che sul futuro degli stabilimenti Treofan di Terni si consumi una mera operazione finanziaria”: lo chiedono la capogruppo regionale del Pd Simona Meloni e il portavoce della minoranza in assemblea legislativa, Fabio Paparelli. «La Regione esca allo scoperto e dica se intende o meno difendere concretamente la continuità produttiva, nonché i livelli occupazionali, a tutela del polo chimico ternano e del suo sviluppo” affermano in una nota. “Il rischio da scongiurare – sostengono Meloni e Paparelli – è quello di una cessione degli stabilimenti completamente scollegata dal contesto produttivo dell’area che potrebbe portare ad un’emergenza occupazionale. Ad oggi è ancora elevato il livello di preoccupazione per il futuro del sito e per i tanti lavoratori impiegati. Si rende pertanto sempre più necessario e urgente tutelare anche in futuro la produzione e scongiurare chiusure definitive o delocalizzazioni. Dopo due anni dall’inizio della vertenza Treofan e dopo un anno di cassa integrazione straordinaria, non si hanno ancora notizie rassicuranti sulla risoluzione della crisi, né sono chiari i progetti di rilancio sul tavolo ministeriale. Non è altrettanto chiaro se la Regione ha dato o meno seguito all’interlocuzione avviata con Novamont circa il piano Sustainable valley, sia in termini di investimenti che di infrastrutture da realizzare nel Polo chimico ternano. A tal fine è fondamentale che la Regione porti avanti tutte azioni concrete e utili affinché la scelta sull’eventuale nuovo soggetto imprenditoriale verta su chi ha davvero un progetto in grado di garantire un nuovo modello di sviluppo, investimenti per l’ammodernamento degli impianti, e, allo stesso tempo, dia garanzie sulla continuità produttiva, dato che parliamo di un’eccellenza produttiva umbra, di un sito all’avanguardia per la qualità della manodopera e per il prestigio del suo storico marchio, nonché – concludono Meloni e Paparelli – a tutela dei livelli occupazionali”

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