Il progetto prevede una riduzione sensibile della cubatura del complesso, con la creazione di un mix di alloggi di edilizia residenziale sociale, a canone concordato
Parte il percorso di riqualificazione dell’area ex Palazzetti di via Adriatica, a Ponte San Giovanni, che “da ecomostro diventerà eco-quartiere”. Il complesso edilizio, in abbandono da anni, cambierà grazie a un progetto sviluppato con il Pinqua, programma innovativo della qualità dell’abitare e finanziato con il Pnrr. Per la presidente della Regione Donatella Tesei “la riqualificazione darà respiro alla comunità”. La governatrice è intervenuta a un incontro all’interno del complesso acquisito da Ater, che eseguirà i lavori. Con lei l’assessore alle Politiche abitative Enrico Melasecche e il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco. “Ponte San Giovanni ci guadagnerà in bellezza, sicurezza e utilità”, ha detto il sindaco Andrea Romizi. Il progetto prevede una riduzione sensibile della cubatura del complesso, con la creazione di un mix di alloggi di edilizia residenziale sociale, a canone concordato, alloggi di edilizia libera, uffici, servizi di quartiere come un asilo nido che sarà preso in carico dal Comune, e di spazi di relazione. “Ora sta a noi fare sì che le risorse diventino valore pubblico a tutti gli effetti”, ha detto il presidente di Ater Emiliano Napoletti. Il progetto di riqualificazione dei palazzi di via Adriatica, una partita da oltre 20 milioni di euro, dovrà essere concluso entro i primi mesi del 2026.
“Mettere mano a questa ferita significa avviare una rinascita”, ha detto l’assessore comunale all’Urbanistica Margherita Scoccia.
Il progetto sarà strettamente connesso ad un altro Pinqua pensato per Ponte San Giovanni, quartiere su cui si punta, tra l’altro, ad alleggerire il traffico viario con la partita del nodo di Perugia.
Il presidente della Conferenza episcopale umbra si dice preoccupato per la sostituzione di Legnini
“Non vedo ragioni valide per questa interruzione che rischia di ritardare un processo che finalmente era decollato”: monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Ceu, torna a parlare del cambio tra Giovanni Legnini e Guido Castelli quale commissario per la ricostruzione post terremoto, sottolineando che «un treno in corsa non va mai fermato». Lo fa in un’intervista al settimanale La Voce e a Umbria Radio InBlu che ne hanno diffuso il testo. Subito dopo l’annuncio dell’avvicendamento, monsignor Boccardo aveva definito “la non riconferma di Legnini uno schiaffo alle popolazioni terremotate. Sl cambiamento del commissario straordinario per la ricostruzione ho assunto una posizione critica perché farlo a sei anni dal sisma, quando finalmente le cose funzionano, mi sembra proprio un incidente” ha spiegato ora l’arcivescovo. Che è poi tornato sul lavoro di Legnini. “Tutto l’iter burocratico è stato snellito e velocizzato: opere pubbliche, case, luoghi di lavoro, piccole industrie lungo tutta la Valnerina. Tante operazioni si sono messe in movimento e sono giunte a conclusione. Questa è la preoccupazione: un treno in corsa non va mai fermato” ha detto. Monsignor Boccardo ha comunque ribadito di avere già sentito il nuovo commissario Castelli. “Dopo tutto il ‘can can’ che è venuto fuori – ha spiegato -, mi sono sentito in dovere di chiamare il nuovo commissario, fargli gli auguri di buon lavoro e dirgli che da parte mia non c’è nessun dubbio e nessuna critica sulla sua persona e sul suo operato. Anzi, gli ho assicurato la nostra collaborazione e il desiderio di continuare sulla linea che abbiamo sperimentato finora. Ho voluto chiarire proprio questo, distinguendo la persona e quello che faremo insieme, dalla modalità che in questo momento mi è sembrata un pò inopportuna”.
Dopo il commissariamento Ajello-Blandini e un anno di gestione targata Giampiero Bergami la Pop di Bari, dal 22 dicembre scorso, è nelle mani dell’amministratore delegato Cristiano Carrus (diplomato in perito del turismo già amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca, istituto in liquidazione coatta amministrativa). Con una perdita nel primo semestre di 101,1 milioni la stima di chiusura dell’anno si aggira sui 180 milioni. La banca ha bisogno subito di invertire la rotta: il rapporto “cost/income” nel primo semestre del 2021 era al 155% (più lavora più perde) e con il blocco degli incentivi all’esodo del personale tale rapporto scenderà a fine anno al 120-125%. C’è molta liquidità (che ha un costo), mentre gli impieghi non rendono quanto dovrebbero. E soprattutto è alquanto problematica la gestione dell’indice Npe (crediti deteriorati e sul totale di quelli erogati) e il “pericolo” di contenziosi con gli azionisti. Quindi il management ha studiato l’avvio di una sorta di bad division che dovrà monitorare il settore grazie anche all’assunzione di specialisti (ne sono stata annunciate 100 in tutto il gruppo Mcc). Saranno internalizzati i servizi di finanza agevolata e si punterà a ottimizzare il settore immobiliare attraverso vendite o fitti 8nel mirino ci sono i palazzi di piazza Massari e via Melo a Bari, ma anche unità a Potenza e Teramo). Un’altra mossa riguarda i servizi di liquidità di tesoreria che passeranno alla capogruppo. Non ci saranno licenziamenti e non saranno chiuse filiali.
Intanto i lavoratori a cui non vengono pagati gli stipendi a mesi sono rimasti privi anche degli ammortizzatori sociali
E’ stato fissato dal tribunale in un milione e mezzo di euro il prezzo minimo per comprare all’asta la Trafomec di Tavernelle, azienda attualmente di proprietà cinese, che opera nella produzione di motori, generatori e trasformatori elettrici. L’avviso è stato pubblicato subito prima della fine del 2022 dai due curatori fallimentari Giuseppe Fornari e Stefano Mazzuoli, nominati dal tribunale di Perugia a seguito della dichiarazione d’insolvenza del vecchio proprietario, l’imprenditore cinese Xiang Xiong Cao di cui non si riescono più a trovare le tracce. L’asta riguarda un ramo d’azienda a cui fanno riferimento quarantacinque rapporti di lavoro, tredici impiegati e trentadue operai, tutti in fase di cessazione; macchinari; automezzi; marchi e brevetti. Sono esclusi dal trasferimento gli edifici, che sono già stati ceduti, e i debiti verso i lavoratori maturati negli ultimi mesi di attività dell’impresa. Da mesi il proprietario cinese ha smesso di pagare gli stipendi ai dipendenti che non usufruscono più nemmeno degli ammortizzatori sociali e che saranno ora costretti a cessare definitivamete il proprio rapporto di lavoro il 19 gennaio.
I fondi sono quelli previsti dal Pnrr e serviranno anche per aumentare la sicurezza degli edifici. Il piano realizzato dall’assessore Agabiti
Ulteriori risorse a disposizione per l’edilizia scolastica dell’Umbria: il via libera dalla Giunta regionale, su proposta dell’assessore Paola Agabiti. Ammonta a 16.715.485 milioni di euro lo stanziamento approvato per l’Umbria nell’ambito del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, su proposta della Regione.Le risorse sono rivolte ai Comuni e alle Province dell’Umbria per le scuole dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo e secondo grado. Aumento della sicurezza degli edifici, miglioramenti antisismici delle strutture e riduzione dei consumi energetici, queste le principali finalità che saranno tenute in considerazione per assegnare le risorse tramite un Bando che sarà pubblicato l’11 gennaio 2023 sul Bur – Bollettino ufficiale regionale dell’Umbria. I Comuni e le Province che vorranno partecipare avranno tempo fino alle ore 12 del 2 febbraio per inviare i loro progetti. “Con questo ulteriore stanziamento – afferma l’assessore Paola Agabiti – la Regione prosegue la sua azione di sostegno e collaborazione con gli Enti locali per l’ammodernamento delle strutture scolastiche. Quello deliberato oggi rappresenta un secondo importante stanziamento di risorse per l’Umbria nell’ambito del Pnrr, risultato di una costante attenzione che la Regione pone al tema dell’edilizia scolastica”.
L’esponte del partito della Meloni è eletto del collegio senatoriale di Siena. “Il governo – si legge in una nota – rivolge a Castelli gli auguri di buon lavoro per questo impegnativo compito, per il quale la sua esperienza di amministratore e la sua conoscenza del territorio saranno preziosi. Il governo ringrazia per il lavoro sin qui svolto il commissario uscente Giovanni Legnini, il quale mantiene le competenze di commissario per Ischia”. ”Auguri di buon lavoro al senatore Guido Castelli, nuovo commissario straordinario alla ricostruzione post sisma del 2016. Un compito di rilievo ma soprattutto di grande responsabilità che, ne siamo sicuri, saprà assolvere con serietà, competenza e spirito di servizio, conoscendo in profondità proprio uno dei territori maggiormente colpiti dal terremoto del Centro Italia. Il tutto in stretto raccordo con i presidenti delle Regioni Marche e Abruzzo, Francesco Acquaroli e Marco Marsilio, e con il contributo dei tanti parlamentati – a cominciare dal collega Paolo Trancassini – che negli anni si sono battuti senza sosta per dare centralità alla ricostruzione post sisma”. Lo dichiara il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.
Una decisione presa dall’amministratore unico Maurizio Rocchi dopo che il governo aveva disposto l’aumento delle soglie delle liberalità che è possibile erogare in favore dei dipendenti
“L’azienda, nonostante le tante criticità congiunturali – afferma Maurizio Rocchi – è stata capace di raggiungere buoni risultati commerciali e qualche utile finanziario che credo sia stato doveroso condividere con i dipendenti. Il nostro è un viaggio avventuroso ed entusiasmante cominciato con molti di loro 35 anni fa.” La Rocchi srl è uno dei principali costruttori italiani di centrali di betonaggio automatiche con proiezioni importanti sui mercati internazionali (Francia, Belgio, Polonia e nord Africa). Il quartier generale dell’azienda, che recentemente ha acquisito una realtà industriale della Val Nestore, si trova a Passaggio di Bettona, una frazione del comune di Bettona si estende su una superficie di 8.000 metri quadrati. La storia della Rocchi srl è una storia tutta di famiglia. “All’inizio – spiega Maurizio Rocchi – anche mia madre collaborava alle attività organizzative. Oggi mio figlio Lorenzo è strutturato all’interno dell’opificio e si sta formando mentre i miei piccolini, Michele e Francesco, seguono con interesse le nostre iniziative. Devo però ringraziare degli obiettivi imprenditoriali raggiunti soprattutto mia moglie Marinella, senza la quale nulla sarebbe stato possibile: in tutti questi anni ha saputo essere madre, moglie e donna d’impresa. La Rocchi srl ha una imprescindibile connotazione rosa di cui sono autenticamente orgoglioso”
Favorevole al nuovo assetto istituzionale la presidente dell’ente Laura Pernazza
“Sarei favorevole a un allargamento della Provincia di Terni con l’inclusione di Spoleto, ma non può accadere con una imposizione dall’alto, deve eventualmente arrivare per la volontà dei cittadini”: a dirlo è stata la presidente Laura Pernazza, nel corso della conferenza stampa di fine anno. “A gennaio mi incontrerò con il sindaco di Spoleto Andrea Sisti e affronteremo anche questo tema del riequilibrio territoriale, ma resta sempre imprescindibile la volontà popolare che andrebbe espletata attraverso lo strumento del referendum”, ha sottolineato Pernazza. “Ovviamente – ha aggiunto – per la Provincia di Terni ci sarebbero dei vantaggi notevoli poter contare su un territorio è una popolazione più vasta”.
Il progetto prevede di utilizzare lo spazio per esporre le migliaia di opere d’arte che si trovano nei magazzini dei maggiori musei.
Di Alessandro Maria Li Donni
La domanda delle domande a Orvieto è, cosa fare alla ex-caserma Piave? I destini di un pezzo fondamentale della città sono strettamente legati alle fortune o sfortune politiche degli amministratori. Ne sono passati di sindaci e quel complesso è sempre lì, con sempre più vetri rotti, inagibile nella gran parete, utilizzato come scuola nella parte più “nobile”, quella della Palazzina Comando, poi con gli uffici comunali e ora, ultima sortita, nel suo pezzettino di caserma la Usl vorrebbe impiantarci una Rems, di cui tanto si è parlato in queste ultime settimane, a partire dal 29 novembre. L’ultima proposta in ordine di tempo, e probabilmente la più affascinante arriva dal consigliere Franco Raimondo Barbabella che ha presentato una mozione con un acronimo sicuramente più beneaugurante di quello della Usl: MOST. Ma di cosa si tratta? In soldoni e per brevità si tratterebbe di andare a raccogliere le opere attualmente nei magazzini dei principali musei italiani per esporli a Orvieto. Nella mozione presentata per la discussione in consiglio Franco Raimondo Barbabella spiega che “c’è un immenso patrimonio artistico conservato nei depositi di musei, enti e fondazioni, che non è reso fruibile. Un immenso patrimonio, un tesoro tenuto ‘in riserva’, come si dice oggi, non accessibile al pubblico in quanto ritenuto di minor interesse (spesso per ragioni che non c’entrano con il valore artistico e storico, ad esempio per mancanza di spazi adeguati) rispetto alle opere che vengono rese fruibili nelle sale adibite alle esposizioni”.
Tra l’altro, come ricorda proprio Barbabella, “ci si sta avvicinando ad un appuntamento molto significativo che cadrà nel 2023: i 500 anni dalla morte di Luca Signorelli e di Pietro Vannucci. Poter fare di questo appuntamento, nel quadro di celebrazioni che si annunciano fin da ora come molto importanti, l’occasione di lancio di un progetto operativo con cui si va alla realizzazione di una iniziativa come quella che qui si prospetta, sarebbe la dimostrazione che anche le celebrazioni non si fermano all’immediatezza e entrano nella logica che Fernand Braudel avrebbe chiamato della lunga durata e che per le grandi operazioni culturali è certamente la logica giusta”.
Esporre i propri “tesori” è sempre più necessario da una parte per ampliare l’offerta e dall’altra per venire incontro alle esigenze di un pubblico sempre più attento e sensibile. Il punto debole, è di solito, è quello delle risorse economiche queste sempre meno disponibili. Per ovviare Barbabella ipotizza, “una vera e propria impresa culturale del tutto nuova, della quale la parte espositiva, che è mobile e ciclica (nel senso che proviene e ritorna ai musei, a meno che essi non decidano altrimenti), è l’occasione intorno alla quale ruota poi tutta un’altra serie di attività. Un’impresa dunque, un’organizzazione e una conduzione aziendale, una logica produttiva”. In termini moderni quest’impresa culturale potrebbe andare anche ad aprire nuovi sbocchi professionali e soprattutto essere occasione di “promozione della conoscenza del patrimonio artistico e culturale diretto ad alunni e studenti, corsi di formazione delle guide turistiche e degli operatori impegnati nella gestione dei musei; stages in collaborazione con le università; – spiega sempre Barbabella – riscoperta del complesso delle attività artigianali connesse con il restauro delle opere d’arte e con l’allestimento di mostre e di esposizioni permanenti; studio e addestramento all’uso del digitale in funzione della fruizione e della conservazione del patrimonio; attivazione di un Its finalizzato alla formazione di personale specializzato nel settore delle arti. Sono solo alcuni titoli appena abbozzati”.
E’ chiaro che anche solo per iniziare a progettare serve una forte spinta in tal senso da parte del governo e su questa strada sembra andare il neo-ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano che recentemente ha lanciato l’idea di aprire gli “Uffizi 2” proprio per recuperare alla fruizione le tante opere ancora nascoste e per creare una vera e propria rete culturale e di collaborazione tra vari Enti, Regioni e Comuni.
Un’altra domanda potrebbe essere, perché a Orvieto? Anche in questo caso lo spiega in maniera esauriente Barbabella, “Orvieto appare come la città naturalmente vocata ad ospitare un progetto con queste caratteristiche e capace di svolgere le funzioni indicate.
Anzitutto per storia e caratteri distintivi della città. Qui c’è un condensato della storia dell’Occidente europeo dal Villanoviano al Novecento. Orvieto è di per sé città d’arte. C’è un unicum di natura e cultura che potremmo addirittura definire esemplare per la capacità umana di adattarsi all’ambiente che la natura ha preparato trasformando i problemi da superare in elemento di forza fino al risanamento e alla valorizzazione partita negli anni ottanta del secolo scorso”. Non solo, c’è anche la grande occasione di restituire alla vita attiva della città un pezzo importante del centro storico, la Caserma da troppo tempo desolatamente definita “ex”. Scrive il consigliere Barbabella nella sua mozione, “c’è anzitutto, come sede ideale, la ex Caserma Piave, un complesso di notevoli proporzioni, che sorge su un’area di 42.200 m2 all’ingresso sud-est della città, con 5 edifici di complessivi 41.000 m2 di superficie coperta. Una costruzione degli anni trenta del Novecento e dismessa fin dagli anni novanta, molto più flessibile di quanto non si creda e su cui esiste già un progetto di massima per la sua valorizzazione che si tratta di riscoprire e vedere in che modo possa essere reso utile. Ci sono poi, per un ideale sistema integrato, edifici dislocati nei diversi quartieri della città, dalla zona Duomo a San Giovenale e a San Giovanni, da San Francesco a San Paolo, che nel loro insieme prefigurano un sistema sia direttamente connesso alla funzione museale sia indirettamente utilizzabile per le funzioni di supporto o collaterali. In realtà è la città intera che si presta ad ospitare un progetto così ambizioso e così significativo”.
Insomma è una nuova grande sfida per la città che deve assolutamente porsi come vera “Porta dell’Umbria” e portare a proprio vantaggio la presenza di quelle infrastrutture che ad oggi sono una ferita per il territorio ma con potenziali di sviluppo incredibili e cioè l’autostrada e la linea direttissima. Troppo presto, o meglio fin da subito, Orvieto è uscita dai radar della grande partita delle fermate dei Frecciarossa nelle stazioni intermedie al servizio di territori più vasti. La Regione ha pensato a Perugia, giustamente, mentre per il resto ha in mete il finanziamento di strutture fuori dalla Regione, a Orte o in Toscana. Orvieto? Neanche a parlarne. C’è poi la grande partita del PNRR, un’occasione che a Orvieto è stata sfruttata, ad oggi, in modo discutibile e poco. La Piave è un’altra ferita aperta che potrebbe trasformarsi in un gioiello, in un esempio di resilienza per l’intero Paese. Ma ne saremo capaci? Questa è la reale sfida che lancia il consigliere Franco Raimondo Barbabella. Il rischio, ora, è di “colorare” la proposta politicamente, di etichettarla, e quindi bocciarla solo perché proveniente dalla parte sbagliata.
Orvieto così rischia di perdere un’altra occasione, l’ennesima, e i treni, è bene sempre ricordarlo, non sempre passano e se si perdono poi è inutile piangere sul latte versato incolpando Perugia o Roma. Prima bisogna provarci in maniera unitaria e seria e poi, nel caso in cui si dovesse perdere, allora ci si può lamentare e presentare le proprie rimostranze anche in maniera piuttosto accesa a chi di dovere.
Già presidente del gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Perugia, è amministratore dell’azienda di famiglia, la Umbraplast di San Giustino.
Sarà Elena Veschi a guidare la piccola industria di Confindustria Umbria per il biennio 2022-2024. L’elezione è avvenuta in occasione della riunione del Comitato che rappresenta le aziende con meno di cinquanta dipendenti.Elena Veschi, già presidente del gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Perugia, è amministratore dell’azienda di famiglia, la Umbraplast di San Giustino. Ad aprire i lavori è stato il presidente uscente Alessandro Tomassini, giunto al termine del proprio mandato. “Sono stati anni complessi – ha ricordato, secondo quanto si legge in una nota di Confindustria – caratterizzati da sfide importanti ed emergenze che hanno messo a dura prova il tessuto economico e sociale. In questo periodo ci siamo impegnati per far crescere le realtà produttive del territorio, cercando di migliorare le condizioni della loro operatività e aiutandole a diventare più competitive .Le piccole e medie imprese – ha quindi ricordato Veschi – rappresentano una parte importante della nostra economia, che si caratterizza per la presenza di numerose realtà virtuose e di eccellenza. Punteremo anche su temi come sostenibilità ambientale delle piccole imprese, green economy e internazionalizzazione. Centrale continuerà ad essere la collaborazione con le Istituzioni e lavoreremo anche per rafforzare i rapporti con le regioni limitrofe, facendoci portavoce delle istanze delle imprese, che oggi si trovano a fare i conti con le pesanti difficoltà legate all’aumento del costo dell’energia e delle materie prime”
Ad incoronare il re del cachemire nell’empireo dei super ricchi è la rivista Forbes
Nella nuova classifica annuale pubblicata dalla rivista Forbes, il patrimonio personale dell’imprenditore di Solomeo viene valutato in 2 miliardi di dollari, cifra che lo piazza al 27/o posto tra gli italiani e al 1.513/o nel mondo. Guadagnando qualche posizione rispetto alla classifica 2021, quando con un patrimonio netto di 1,7 miliardi era al 28/o posto in Italia e al 1.833/o nel mondo. Giovanni Ferrero, il re della Nutella, è il più ricco d’Italia con una fortuna stimata in 36,2 miliardi di dollari, e si posiziona è al 36 esimo posto nel mondo. Leonardo del Vecchio è il secondo più ricco del paese, e 52 esimo nella classifica generale, con 27,3 miliardi. Lo seguono a distanza Giorgio Armani con 7,8 miliardi e Silvio Berlusconi con 7,1 miliardi.
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