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Lieve calo dell’inflazione a Terni

Per il secondo mese consecutivo l’inflazione a Terni scende leggermente e a dicembre si attesta a +11,5%, dall’ 11,8% di novembre

Dal bollettino di dicembre diffuso dai Servizi statistici del comune di Terni risulta che le variazioni di prezzo, rilevate nella grande distribuzione, nei negozi e nelle altre diverse fonti di rilevazione sul territorio, sono più contenute dei mesi precedenti.
Le festività natalizie hanno influenzato solo in parte l’andamento dei prezzi ed esclusivamente per i capitoli Ricreazione, spettacoli e cultura che segna un +2,2% e Servizi ricettivi e di ristorazione +0,4%, che hanno fatto registrare i maggiori incrementi tra i diversi capitoli di spesa.
Diversi anni fa le festività natalizie e le abitudini di consumo ad esse legate facevano sentire il loro impatto anche sull’andamento di alcuni prodotti alimentari quali, ad esempio, la frutta secca, il cioccolato, l’agnello, l’uva. Ora il sistema delle offerte e la concorrenza del mercato hanno azzerato questa tendenza. Nel mese di dicembre aumenta il prezzo dell’acqua minerale mentre diminuisce il prezzo di alcolici e vino che non risentono dell’influenza delle festività natalizie. Per la prima volta dopo oltre un anno, da agosto 2021, i prezzi di alcuni prodotti alimentari e delle bevande analcoliche flettono e addirittura in media segnano -0,1%. Nel dettaglio dei prodotti del carrello della spesa: i prezzi della frutta, della verdura e anche del pesce sono diminuiti mentre continuano gli incrementi dei prezzi di pane, latticini, carne tutto oltre il 20% rispetto da un anno fa.

Altre notizie

Il Corriere dell’Umbria acquistato dal gruppo Polidori di Cepu

Gli Angelucci, editori anche di Libero e de Il Tempo, hanno ceduto all’azienda di Città di Castello la storica testata umbra, mentre i giornali del Lazio restano in capo a Tosinvest.

La finanziaria Tosinvest, presieduta dal deputato leghista Antonio Angelucci, ha comunicato di aver ceduto il 100% del capitale della società a Polimedia di Città di Castello. Oltre al Corriere dell’Umbria, Gruppo Corriere è anche l’editrice delle testate Corriere di Siena, Corriere di Arezzo e Corriere della Maremma.
“Al nuovo editore giungano i più sentiti auguri di buon lavoro con l’auspicio di proseguire nel solco di una tradizione costruita con passione, orgoglio e professionalità. Ai giornalisti, che ringraziamo per il percorso di autorevolezza sino a qui condiviso, auguriamo il pieno successo di questa nuova avventura”, si legge nella nota stampa. Il nuovo editore, la Polimedia, è una società con sede a Città di Castello fondata lo scorso ottobre. Il capitale sociale vede con il 52% Monte Finaziario Europeo di Carmine Pellegrino, presidente di Polimedia, e il 48% diviso tra Università Telematica E-Campus e Link Campus University, entrambe controllate dalla famiglia di Francesco Polidori, che era già presente nell’azionariato del gruppo editoriale all’epoca della gestione del fondatore Alberto Donati.Le testate laziali di gruppo Corriere che editano le edizioni di Rieti e Viterbo rimangono invece nelle mani di Angelucci e faranno capo al quotidiano romano Il Tempo.

Redditi disponibili della famiglie, Umbria in ripresa

Nel 2021, rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia, si è registrato un aumento del reddito pro-capite del 3,5% contro il +2,6% della media italiana.

Nel 2021, rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia, si è registrato un aumento del reddito pro-capite del 3,5% contro il +2,6% della media italiana.

Terremoto, firmata da Legnini l’ordinanza per le nuove opere pubbliche

Complessivamente si tratta di interventi per 318 milioni

Il commissario straordinario alla ricostruzione sisma 2016, Giovanni Legnini, ha firmato oggi la prima ordinanza attuativa del nuovo programma delle opere pubbliche che finanzia con 318 milioni di euro 411 interventi nelle regioni Abruzzo, Lazio e Umbria. Il programma relativo alle Marche sarà oggetto di un’ordinanza a parte, in attesa che la Regione concluda le attività di confronto con i Comuni del territorio per l’individuazione degli interventi. Le opere del nuovo elenco comprendono edifici strategici, cimiteri, opere di urbanizzazione, infrastrutture, sottoservizi, chiese, servizi sanitari, interventi su dissesti, recupero di edifici pubblici o storici. «Questo nuovo Programma delle opere pubbliche – spiega Legnini – rappresenta un’importante punto di arrivo dell’intenso lavoro portato avanti insieme alle Regioni e ai loro Uffici speciali per la ricostruzione, per completare il quadro delle necessità e poter così iniziare a progettare quegli interventi spesso fondamentali sia per l’accelerazione della ricostruzione privata, che per il ripristino di condizioni di vita normali in questi territori dove c’è assoluto bisogno di infrastrutture essenziali, a cominciare dai sottoservizi, ed edifici strategici sicuri ed efficienti». Il piano di rigenerazione urbana prevede il finanziamento di 149 interventi nelle tre regioni, per un totale di oltre 151 milioni di euro a carico della contabilità del commissario. Le opere finanziate in Abruzzo sono 25, per un totale di 24 milioni di euro, e 62 sia in Lazio che in Umbria, corrispondenti rispettivamente a 61 milioni di euro per il Lazio e 65 milioni di euro per l’Umbria, a cui si aggiungono quasi 60 milioni di cofinanziamenti per una serie di opere su infrastrutture viarie a Vallo di Nera, in provincia di Perugia.

L’aumento di capitale per mantenere in mani orvietane una quota della Cassa di risparmio? Lo sostengano tutte le fondazioni umbre

Entro la metà di dicembre la Fondazione CariOrvieto dovrà decidere se aderire o meno all’aumento di capitale della Cassa di Risparmio di Orvieto così come richiesto da Bankitalia e deliberato dagli organi della banca. Marco Ravanelli, coordinatore di Azione a Orvieto e nel direttivo provinciale del partito di Calenda, indica una possibile strada per mantenere salde le radici della banca in Umbria senza che il sacrificio economico sia esclusivamente in carico alla Fondazione Cro.

Di Alessandro Maria Li Donni

Oggi ha senso parlare di banca di territorio anche per quanto riguarda l’orvietano?

Gli accadimenti globali ci insegnano che è necessario essere aperti e con territori coesi più ampi ma senza perdere il controllo su quegli assets fondamentali che possono garantire la sussistenza di un territorio e di un popolo. Certamente avere un sistema finanziario radicato sul territorio è un vantaggio significativo. Il vero problema è capire se Orvieto è un territorio. Economicamente non lo è ma se allarghiamo il discorso alla provincia o, ancora meglio, alla Regione allora il discorso cambia totalmente. Come dicevo prima il territorio va considerato nella sua accezione più ampia e CariOrvieto è radicata sicuramente nella Provincia di Terni e ha basi solide per crescere nella Provincia di Perugia.

Ma il sistema bancario in questi anni è mutato radicalmente…

Abbiamo sicuramente assistito a una mutazione del sistema bancario territoriale in favore di una globalizzazione dei servizi che da un lato ha portato un’offerta più moderna e sicuramente meno costosa ma dall’altro questo stesso sistema non assiste e non comprende pienamente le necessità di un territorio, più o meno vasto. In Umbria, poi, siamo passati da una moltitudine di istituti bancari al nulla o quasi con l’eccezione di CariOrvieto.

Questo cambiamento cosa ha causato in Umbria?

La prima conseguenza è la difficoltà, delle Pmi in particolare, a rapportarsi con le banche anche perché a sua volta, un istituto globale fatica ad adattarsi alle peculiarità di un territorio. La seconda riguarda la perdita di figure professionali che ricoprivano ruoli apicali nelle banche locali definitivamente sparite dal panorama del credito in Umbria. E’ per tutti questi motivi che non possiamo rimanere a guardare con Cassa di Risparmio di Orvieto che, ricordo ha 41 punti operativi e di questi 22 sono in Umbria.

Certamente avere una banca serve ma il primo azionista è lo Stato quindi come si può decidere stando in minoranza?

Questo è un vecchio problema; Orvieto ha perso la banca quando è stata venduta la quota di controllo. Poi ci sono una serie di contrappesi che hanno regolato fino ad oggi gli equilibri all’interno del cda e per questioni di rilevanza economica, come ad esempio un aumento di capitale. Cro è un istituto di credito che ha radici, operatività nel territorio ma la testa pensante è altrove, oggi a Roma. Con il socio di controllo si può avere un dialogo e si può pensare di ottenere dei vantaggi per il territorio di vario genere. Non solo, se ci si presenta con un progetto credibile e sostenibile si può andare anche oltre e convincere l’azionista di maggioranza dei vantaggi che un territorio come il nostro, inteso come Umbria, può avere per un istituto di credito.

Questo è il futuro ma per il presente e per l’aumento di capitale?

Tecnicamente la Fondazione è chiamata a valutare se sottoscrivere l’aumento di capitale di 27 milioni di euro per la sua quota di competenza di circa 7 milioni a fronte di una partecipazione del 26,43%. Cosa può decidere Palazzo Coelli? Sottoscrivere l’aumento e così concentra ulteriormente nel capitale della banca, previa autorizzazione del Ministero. Oppure non sottoscrive l’aumento perdendo tutti i diritti previsti dallo statuto e diluendo la sua quota di partecipazioni a livelli minimi.

Sono solo queste le opzioni in campo?

C’è una terza opzione ed è quella che abbiamo proposto noi di Azione e cioè che le Fondazioni di origine bancaria umbre partecipino all’aumento di capitale insieme a quella orvietana facendo in modo che la quota di partecipazione rimanga la stessa e con il risultato che l’Umbria torni al centro.

Quindi la banca diverrebbe il presidio del territorio umbro?

Esattamente, le fondazioni e gli investitori privati umbri potrebbero svolgere un ruolo determinante nel favorire il mantenimento di una partecipazione locale nella banca e, magari, addirittura di rafforzarlo, ma qui torniamo nel futuro più lontano. In questo modo la banca potrebbe divenire uno strumento di riqualificazione del territorio e dell’Umbria.

Insomma, una banca umbra a tutti gli effetti almeno nella compagine di minoranza, ma non si rischia di perdere l’orvietanità?

Andiamoci cauti. Una prima vittoria sarebbe quella di coinvolgere tutte le fondazioni umbre in una compagine di minoranza e con un socio, lo Stato, forte. Sull’orvietanità non penso si rischi nulla in particolare, ma una banca è un’azienda e deve assolutamente travalicare i confini del campanile per generare utili visto che in termini economici Orvieto assolutamente non basta. Il tema non ha una portata specificatamente orvietana ma investe più in generale l’intera provincia di Terni, e perché no, l’intera regione Umbria. Chiediamo pertanto alle Fondazioni Bancarie locali di valutare attentamente la possibilità di supportare la più piccola Fondazione orvietana in questa sfida che gioca un ruolo centrale nel nostro scacchiere.
Azione ancora una volta al fianco del Territorio con una proposta pragmatica.

Gli operatori della sanità incontrano i parlamentari umbri

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Oltre 4 mila sanitari chiedono misure economiche per colmare le disuglianze esistenti tra i vari livelli professionali.

Un tavolo di confronto con i parlamentari umbri, che potrebbe diventare un appuntamento permanente, per chiedere «il giusto riconoscimento e la valorizzazione» degli oltre 4mila professionisti sanitari iscritti all’Ordine dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (Tsrm Pstrp) di Perugia e di Terni.

Con queste basi si è tenuto un incontro in videoconferenza, coordinato dal presidente dell’Ordine Federico Pompei, alla presenza degli onorevoli Virginio Caparvi, Emma Pavanelli e Walter Verini, insieme alla presidente della Federazione nazionale Tsrm Pstrp Teresa Calandra ed ai 19 presidenti delle Commissioni di albo dell’Ordine. Tema centrale del tavolo – spiega una nota – è stato quello di proporre di inserire degli emendamenti nella manovra di Bilancio 2023, attualmente in fase di discussione, per richiedere il giusto riconoscimento professionale ed economico per gli oltre 4mila professionisti sanitari umbri.

Durante l’incontro, infatti, il presidente Pompei ha sensibilizzato i parlamentari circa l’evidente diseguaglianza di trattamento economico e professionale che coinvolge gli iscritti, concretizzatasi recentemente con il nuovo Ccnl, ma che deriva dalla manovra di Bilancio del 2020 effettuata in piena emergenza pandemica. Dal quadro tracciato è emerso un contesto nel quale i professionisti sanitari, pur condividendo gli stessi modelli formativi universitari e lo stesso inquadramento giuridico, hanno un diverso trattamento economico che crea «una discrepanza non più giustificabile». In merito alla valorizzazione dei professionisti, il presidente Pompei ha anche sottolineato come siano maturi i tempi per il superamento del vincolo di esclusività per gli iscritti all’Ordine Tsrm Pstrp e di come il Servizio sanitario nazionale e regionale non può più fare a meno di tutte le figure sanitarie, senza dimenticarne alcuna, il cui apporto è imprescindibile in un’ottica multi-interdisciplinare per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini. Innovazione, prevenzione, promozioni della salute, digitalizzazione, ricerca, formazione e sviluppo delle reti assistenziali territoriali: sono solo i punti di partenza nei quali il contributo di tutti i professionisti, insieme a quello di tutti gli attori del sistema sanitario, può profondamente rinnovare il «sistema salute». Successivamente hanno preso la parola i parlamentari presenti. Emma Pavanelli ha ribadito la legittimità della richiesta e condiviso il supporto alle proposte effettuate. Virginio Caparvi ha accolto la proposta chiedendo che le proposte vengano al più presto tradotte in una richiesta di emendamento alla manovra di bilancio, così da poter supportarle in maniera trasversale, e proponendo che tavoli come questi possano trasformarsi in permanenti, nei quali istituzioni, Ordini e rappresentanti politici possano incontrarsi per condividere problematiche e proporre iniziative a tutela della cittadinanza. Walter Verini, infine, ha condiviso le tematiche e le proposte dei colleghi parlamentari dando massima disponibilità a far sì che tali richieste possano tradursi in emendamenti ed arrivare alla loro realizzazione. In seguito è intervenuta la presidente della Federazione nazionale Tsrm Pstrp, Teresa Calandra, che ha ribadito le richieste, sottolineando il ruolo fondamentale dei professionisti sanitari nella sanità di ieri, oggi e soprattutto di quella territoriale e dell’importante opera di sensibilizzazione di tutte le istituzioni a livello nazionale. L’Ordine Tsrm Pstrp di Perugia e Terni – è detto nella nota – conta ad oggi oltre 4mila professionisti sanitari, una parte dei 220mila iscritti a livello nazionale, afferenti alle aree della prevenzione, riabilitazione, tecnico diagnostiche e tecnico assistenziali.

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Dopo il commissariamento Ajello-Blandini e un anno di gestione targata Giampiero Bergami la Pop di Bari, dal 22 dicembre scorso, è nelle mani dell’amministratore delegato Cristiano Carrus (diplomato in perito del turismo già amministratore delegato e direttore generale di Veneto Banca, istituto in liquidazione coatta amministrativa). Con una perdita nel primo semestre di 101,1 milioni la stima di chiusura dell’anno si aggira sui 180 milioni. La banca ha bisogno subito di invertire la rotta: il rapporto “cost/income” nel primo semestre del 2021 era al 155% (più lavora più perde) e con il blocco degli incentivi all’esodo del personale tale rapporto scenderà a fine anno al 120-125%. C’è molta liquidità (che ha un costo), mentre gli impieghi non rendono quanto dovrebbero. E soprattutto è alquanto problematica la gestione dell’indice Npe (crediti deteriorati e sul totale di quelli erogati) e il “pericolo” di contenziosi con gli azionisti. Quindi il management ha studiato l’avvio di una sorta di bad division che dovrà monitorare il settore grazie anche all’assunzione di specialisti (ne sono stata annunciate 100 in tutto il gruppo Mcc). Saranno internalizzati i servizi di finanza agevolata e si punterà a ottimizzare il settore immobiliare attraverso vendite o fitti 8nel mirino ci sono i palazzi di piazza Massari e via Melo a Bari, ma anche unità a Potenza e Teramo). Un’altra mossa riguarda i servizi di liquidità di tesoreria che passeranno alla capogruppo. Non ci saranno licenziamenti e non saranno chiuse filiali.

Mille economisti ad Asssi per la Economy of Francesco. Ci sarà anche il papa

Sono un migliaio i giovani, economisti, imprenditori e changemaker giunti ad Assisi da 100 paesi

In attesa della giornata più importante che vedrà, sabato 24 settembre, l’arrivo di papa Francesco al teatro Lyrick, la manifestazione si è aperta tracciando un bilancio di ciò che è stato l’evento in questi anni. Il tema centrale dell’appuntamento è la salvaguardia del Creato e quindi la sostenibilità ambientale, come ricordano gli organizzatori della manifestazione, la Diocesi di Assisi, l’Istituto Serafico ed Economia di comunione. L’impegno a cambiare l’economia mondiale sarà tradotto in un patto che verrà firmato da Papa Francesco appunto sabato. La tre giorni di EoF si sviluppa tra il teatro Lyrick e il Palaeventi a Santa Maria degli Angeli e il centro storico di Assisi, in 12 villaggi, relativi ai temi su cui i giovani hanno lavorato in questi tre anni. Tra i mille giovani presenti in Umbria ci sono anche ragazze e ragazzi che oggi si trovano su fronti di guerra avversi, come russi e ucraini, ma che ad Assisi si sono ritrovati in un abbraccio di pace.

Ad ottobre molte aziende rischiano di chiudere

Vincenzo Briziarelli, presidente di Confindustria Umbria, lancia l’allarme per una situazione che il caro energia sta rendendo drammatica

“L’inarrestabile corsa del prezzo del gas e dell’energia rende la situazione drammatica sul piano economico e sociale: in breve tempo le aziende saranno costrette a chiudere e i cittadini non riusciranno a far fronte all’aumento delle spese”. Non usa mezzi termini Confindustria Umbria nel valutare le “devastanti conseguenze» del caro energia che, nel corso di questi mesi, ha già indebolito la capacità competitiva delle aziende e le sta spingendo sempre di più fuori dai mercati a vantaggio di altri concorrenti europei ed extraeuropei. “Assistiamo – sottolinea il presidente di Confindustria Umbria, Vincenzo Briziarelli – a un sempre più marcato divario concorrenziale tra le nostre imprese e quelle di altri paesi, sarà difficilissimo, se non impossibile, recuperare le quote di mercato perse. Se l’Europa non riesce a realizzare una politica comune che salvaguardi i Paesi che stanno subendo maggiormente questa crisi, l’Italia deve avere il coraggio di prendere decisioni autonome con interventi rapidi per calmierare i prezzi ma, soprattutto, mettendo in campo soluzioni strutturali a medio e lungo termine per scongiurare una crisi senza precedenti. Siamo convinti, come ribadito in più occasioni – conclude Briziarelli – che debba essere indicato immediatamente un rappresentante unico capace di avviare una trattativa a nome di tutta l’Europa per individuare soluzioni per mettere fine al conflitto e riequilibrare la situazione economica”.

All’Ast riprende una sola linea produttiva con un forno

Nel corso del prossimo mese si prevede una produzione di 88 mila tonnellate di acciaio fuso

  Riprenderà l’attività al momento una sola linea produttiva, nell’area a caldo dell’Ast di Terni, dopo la fermata estiva che termina oggi: lo ha comunicato la direzione aziendale alle rsu di stabilimento. I delegati di fabbrica avevano chiesto delucidazioni sui volumi produttivi di settembre, dopo che il management del gruppo Arvedi ha dapprima convocato e poi rinviato un incontro con le organizzazioni sindacali per discutere degli aggiornamenti sulle prospettive produttive dell’acciaieria, anche alla luce del caro energia. Oggi l’azienda – secondo quanto si apprende da fonti sindacali – ha spiegato che durante il prossimo mese si prevede una produzione di 88 mila tonnellate di acciaio fuso e che l’attività ripartirà al momento in un solo forno. La situazione verrà comunque monitorata e potrebbe subire variazioni: non è escluso infatti che l’area a caldo dell’acciaieria possa tornare a marciare a pieno regime.
Qualche stop, nell’arco o all’inizio del mese ,è previsto anche in un paio di impianti dell’area a freddo, mentre rimane invariata l’attività per Centro di finitura, Società delle fucine e Tubificio. Tutto il personale interessato, durante i fermi impianti, sarà impegnato in attività di formazione e affiancamento.
L’incontro annullato dovrebbe essere invece riconvocato entro la prima metà del mese, dopo che l’azienda avrà raccolto ulteriori elementi per decidere o meno eventuali nuove fermate.

Aumento costi dell’energia, imprese umbre vicine al collasso

Il presidente di Confidustria Briziarelli lancia un drammatico appello

In seguito all’aumento del costo dell’energia, Confindustria Umbria registra “allarmanti segnali di rallentamento delle produzioni che comporteranno l’inevitabile cessazione di attività produttive”.

Secondo l’organizzazione degli industriali “il rischio è che la resilienza produttiva dimostrata delle imprese industriali fino a questo momento non duri a lungo, perché i margini sono sempre più ridotti a causa dei rincari di tutte le commodity che hanno un impatto devastante sui costi delle imprese, rendendo antieconomico per alcuni settori continuare la produzione e tutto ciò inevitabilmente avrà ricadute anche in termini di tenuta occupazionale per i dipendenti e tutele economiche per le loro famiglie”.”Ci troviamo in una situazione drammatica che colpisce cittadini e imprese” sottolinea il presidente di Confindustria Umbria Vincenzo Briziarelli. “Situazione – aggiunge – che sta indebolendo le attività industriali di ogni dimensione e di ogni settore, rendendo sempre più difficile l’operatività aziendale.

È necessario fermare questa escalation di aumenti non più sopportabile dalle imprese che non riescono e che non possono operare con questi prezzi dell’energia e delle materie prime”.
“Ora il baratro economico e sociale è a un passo – sostiene ancora Briziarelli – e le analisi sul perché si è giunti a questo punto sono tardive e poco utili. Allo stesso modo predicare soluzioni di medio-lungo periodo è tanto suggestivo quanto evanescente. Oggi parlare di transizione ecologica è evidentemente un modo per nascondere il problema. La svolta green è certamente importante, ma richiede tempi non compatibili con l’emergenza. Una emergenza che è qui e ora e che qui e ora va arginata dal Governo. È necessario introdurre misure ed azioni che possano ridurre concretamente e in modo strutturale il costo dell’energia e contestualmente prorogare i termini degli interventi fino ad ora emanati dal Governo, garantendo un orizzonte almeno annuale”.